Terremoto nella sede siciliana del PD di via Bentivegna. Dipendenti licenziati


Di Antonella Soddu

Al   via da ieri la procedura di messa in cassaintegrazione per  13  dipendente del  PD regionale  siciliano, a rischio  di chiusura la storica sede di via Bentivegna.  Secondo  quanto appreso  dalla nuova segreteria, eletta  e insediato nel Febbraio  scorso  e  guidata  da Fausto Raciti – “In cassa     ci sono appena sette mila  euro che non sono  sufficienti  nemmeno per pagare gli stipendi di un mese”.  La possibilità del  ricorso  alla cassaintegrazione  per il personale   nella forma di a  zero ore per  12  mesi  fino  al  15  Giugno del  2015, era  già nell’aria  ma  si è atteso  il responso della verifica di cassa  che, da quanto  palesato dal nuovo tesoriere in carica, Salvatore D’Alessandro,  sono praticamente vuote – “Appurato che il  budget mensile per il personale è di circa 45 mila euro e  che attualmente in cassa   si  registra solo la somma   corrispondente a  7 mila  siamo  e non potendo garantire gli stipendi,  abbiamo  ritenuto necessario  e urgente comunicare nella forma  scritta, ai sindacati, l’avvio della procedura di licenziamento.”  – E’ un problema  che vedere coinvolti  i lavoratori   dipendenti di un partito  che  nel loro status di lavoratori  hanno comunque diritto  alla forme  di ammortizzatori sociali come gli altri lavoratori  che ne   beneficiano, e, come  sottolinea  ancora D’Alessandro – “Tutta la situazione è figlia dell’abolizione  del finanziamento  pubblico  ai partiti  ma soprattutto   della difficoltà a riscuotere  un credito  di circa mezzo milione di euro   che la nostra segreteria vanta  nei confronti  degli eletti  e dei  nominati.”  In parole semplici   chi   è  eletto  ha  l’obbligo, come da regolamento, di versare in media il 15%  del  proprio  emolumento.  E, sempre  secondo le dichiarazione di  D’Alessandro e del Segretario Raciti, allo stato  attuale, in base alle verifiche,   ancora in corso, sui versamenti   non ancora in cassa, fra i morosi  ci sono nomi illustri   individuabili  tra Assessori Regionali dell’attuale  e della passata   giunta tra  cui, Nelli Scilabra,  Mariarita Sgarlata, Luca Bianchi,  Nino Bartolotta. Nelli  Scilabra, assessore alla Formazione,  ha tenuto  a precisare di esser disponibile  a versare la propria quota, ma  di non aver, ad oggi  ricevuto  risposta  su come  procedere, precisa inoltre che  in ogni caso la sua  quota andrà al movimento giovanile del PD.    Tra  i nomi dei morosi eccellenti spicca  quello del Senatore Corradino Minneo, il quale  deve versare  un contributo  di solidarietà pari a 25 mila  ma, com’è  noto, lo stesso  ha  formalmente rifiutato di versare quello che ritiene essere  –  “un pizzo”  al partito.  Sulla scia  di Minneo    il malumore si estende anche tra gli Assessori della Giunta Crocetta – unico, per  dovere di cronaca, ad aver  effettuato il versamento  corrispondente  al  15% della sua indennità  –  che hanno espresso  parecchio malumore all’idea di versare il 15%  quando i  deputati    si fermerebbero  a cifre  di gran lunga  inferiori  e corrispondenti,  da quel che è dato sapere,  a   mille euro al mese.  Morale della favola, niente più finanziamenti pubblici ai partiti, assessore e parlamentare taccagni e otto  impiegati, tra un coordinatore dell’ufficio e un responsabile,  2 giornalisti, 2 autisti e 1 addetto alle pulizie  da ieri a casa. – “L’ unica  cosa che al momento possiamo fare” – continua  D’ Alessandro  – “è quella di presentare una proposta  di  reintegro di una parte del personale  optando per la scelta di rotazione della cassaintegrazione. La proposta   dovrà, comunque esser oggetto di trattativa tra le parti”.  Che ne pensa Renzi?  Per il momento   non chiamate alla segreteria  regionale Pd di Via Bentivenga. Il   telefono squilla a vuoto.

 

 

 

Telefonate pazze a Villasor.


Di Antonella Soddu

Signori  e signori   9 mila  euro  serviti  freschi, freschi   di giornata  sul  piatto, o meglio  sul conto da pagare  a carico della collettività.

Accade che, al Comune di Villasor, comune amministrato dal Pd,  esempio lungimirante di applicazione della Spendig Review, nei giorni  scorsi   è pervenuto un conto  telefonico  di  9 mila  euro, si  nove mila  euro  tondi, tondi.  ( Cottarelli non sarebbe contento, già vuole  ridurre la spesa per l’illuminazione pubblica ). La  sorpresina, che certo non è da uovo  kinder, arriva  dalla Wind, la società che fornisce il servizio di  telefonia  mobilie al Comune di Villasor. Dice  la Wind – ” ci dovete pagare il conto  telefonico  per due  mesi di servizi e consumi, Dic. 2013 – Gen. 2014″.   La spesa è confermata dalla  determina  di liquidazione n. 61/2014  pubblicata   sul sito  del comune  come prevedere la legge sulla trasparenza amministrativa e, sopratutto, ebbene  sottolinearlo, il Comune di Villasor è palesemente fuori norma, poiché come ente ha l’obbligo di aderire alla convenzione Consip, come fa la maggior parte dei comuni italiani, sardi compresi, ne potrebbero rispondere in solido chi ha sottoscritto questo contratto. Alla determina di liquidazione però qualcuno ha omesso  di allegare gli atti, quali copia  fattura  e prospetto   riepilogativo delle utenze.  Quindi non è dato sapere  a chi siano addebitali   i  9 mila  euro. Amministratori  o Funzionari del Comune ?  Nove mila  euro  in soli due mesi   non son mica bazzecole … eh!!!   Piccola nota; il  25  maggio, in occasione delle elezioni  per il rinnovo  del parlamento europeo,  a Villasor ha spadroneggiato il  M5S,  da sottolineare che  l’attuale amministrazione, Pd,  è in carica  da circa un anno  e mezzo,  il sindaco  è al suo secondo mandato. Dopo il  rinnovo  del mandato, con ampi numeri  contro il rivale  di centro destra è  stato  tutto un susseguirsi  di “disastro politico” – palesato  la prima volta, a pochi mesi dalla sua rielezione – Giugno 2012 –   in occasione delle primarie Pd per scegliere il candidato  Premier  tra Bersani e Renzi, accade che  degli oltre 2 mila  votanti che  hanno decretato la vittoria  alle comunale,  nemmeno  200 vanno a votare  e quelli che ci sono andati hanno votato  per Bersani scatenando l’ira  del Sindaco  diventato nel frattempo  Renziano.  Il secondo  segnale del malcontento dei cittadini arriva in occasione delle elezioni  Governative, qui  si registra il flop del PD, dalle urne, infatti,  l’ha vinta  a larga maggioranza il Pdl.  Il terzo segnale il 25  maggio,  netta vittoria del M5s (  a Villasor   recentemente si è anche costituito  il  gruppo M5S Villasor ). Villasor  è un paese  di vecchia  storia  comunista  per anni amministrata  da  partiti  di  sinistra , tranne la parentesi decennale che ha visto  sindaco  un esponente di An  in coalizione con il centro destra, poi, si  è tornati alla guida del centro sinistra sotto l’ottica del PD. I risultati  di cui sopra  rendono l’idea del malcontento dei  cittadini.  Ultima considerazione, gli sprechi  non sono  quella cosa che avviene solo nei piani alti ? Io lo dico sempre, è dal basso che occorre partire.

 

TASI. SERVIZI INIVISIBILI


Di Antonella Soddu

TASI in arrivo.  No, contrordine, rinviata ad Ottobre 2014  anche nel Comune di Villasor.  TASI, il nome  è un tutto un programma, o meglio   tutta una tassa unica di servizi di cui  presumibilmente il cittadino ha  usufruito  e usufruisce nell’anno in corso. Intanto vediamo  di capire cosa significa il termine  TASI – “La Tasi è la “tassa per i servizi indivisibili”, cioè quelle attività comunali quali l’illuminazione pubblica, la sicurezza, l’anagrafe e la manutenzione delle strade che vanno a vantaggio di tutta la cittadinanza. In parte sostituisce la vecchia Imu: infatti insieme all’Imu (laddove rimane) e alla Tari (tassa sulla raccolta rifiuti).  In parte sostituisce la vecchia Imu: infatti insieme all’Imu (laddove rimane) e alla Tari (tassa sulla raccolta rifiuti) costituisce la Iuc, l’Imposta unica comunale. La Tasi interesserà non solo i possessori di un’unità immobiliare, ma anche coloro che utilizzano l’immobile, a partire dagli inquilini.” i.” –  Vediamo, dunque, la situazione del mio paese punto per punto.  1) Illuminazione pubblica – in alcune zone del paese l’illuminazione pubblica o  è un albero di natale  fuori stagione oppure  è praticamente inesistente, come per esempio la zona del prolungamento della via Togliatti – area ex  zuccherificio Villasor.  A Tal proposito occorre chiedere a chi  di dovere – “se paghiamo l’illuminazione pubblica  nella  fattura della Tasi, ci levano l’onere dalla bolletta Enel”?   2) Sicurezza – bella  voce, peccato  che resti tale,  cercare un vigile urbano, ne abbiamo  tre per  7 mila abitanti, il comandante, il suo vice e il preposto, che   oltre l’orario di servizio  – qui   tutte le info  http://www.comune.villasor.gov.it/area-vigilanza/uffici/polizia-municipale.html#.U5nLk5R_uOA  e quando li cerchi, o non sono in ufficio, o sono impegnati in ufficio e devi rivolgerti ai carabinieri.  3) Anagrafe – be, qui  c’è da  dire che salvo  fare carte di identità, atti di matrimonio, di  funerali, di certificati di famiglia  etc… non si capisce perché dovremmo pagare il servizio.  4) Manutenzione strade  a vantaggio di  tutta la cittadinanza –  la prossima gara di ciclocross potrebbe benissimo tenersi nel mio paese, andrebbe a  tutto  vantaggio del commercio, vista  anche la crisi economica che ha ridotto il paese ad una colonia di disoccupati,  son certa che l’afflusso turistico   sarebbe alto.  Per rendere l’idea questi  due  video molto eloquenti  https://www.youtube.com/watch?v=KMG7Vv4gd-Q&list=UUyNMQLNfuHu_kAzQ7DEZnzg – disastro strade urbane prima parte  – il filmato  potrebbe tranquillamente  esser inviato  al programma Tv “Misteri”, infatti è un mistero riuscire a comprendere come  si riesca a rimanere vivi e vegeti  a percorrere queste strade.  https://www.youtube.com/watch?v=1SGJIKTF4WY&index=1&list=UUyNMQLNfuHu_kAzQ7DEZnzg – disastro strade urbane seconda parte .  Uno potrebbe allenarsi in attesa che la  federazione ciclo cross autorizzi le gare a Villasor, in attesa che  l’amministrazione ( Pd con sindaco  al secondo mandato da  appena un anno e mezzo)   si renda  conto  d’aver contribuito a sviluppare capacità sportive inimmaginabili nei cittadini meno spericolati. Nel corso degli allenamenti spesso   si deve pedalare in senso di marcia  a sinistra, come si usa in Inghilterra, tanto è difficile percorrere il lato destro. Ma  ciò fa si che i nuovi atleti  siano costantemente allenati.  Qualsiasi  sforzo faccia, non riesco proprio a comprendere quale sia il – “vantaggio per i cittadini” . No, proprio non lo comprendo. Uno potrebbe anche pensare  che il vantaggio sia ravvisato nel fatto che, anche il Comune di Villasor rientra nella lista di quelli che hanno prorogato il pagamento della TASI ad Ottobre 2014, cosi, giusto per prender tempo, provvedere al ripristino del manto stradale  cosi da consentire il  tragitto del cittadino  da casa all’ufficio postale  per pagare, sempre pagare e basta.  Le  buche, o meglio, le voragini rientrano nella  categoria della disastrosa  condizione urbana  realtà di molti paesi e città, certo, ma vogliamo aprire anche l’altro aspetto  che rientra anche nella fattispecie della sicurezza del  cittadino?  Vogliamo parlare dell’invasione di  mosche, zecche, blatte e ratti  visto che negli ultimi anni  la questione disinfestazione è diventata un optional facente parte delle cose  di cui possiamo  fare  a meno? Ebbene, io pagherò la Tasi quando vedrò pubblicati i bandi per l’assegnazione  della manutenzione del manto stradale, del servizio  di disinfestazione, del servizio di  rifacimento  illuminazione pubblica, etc.   Infine, ho lasciato volutamente a ultimo, l’argomento  IUC – che sono, insieme, la vecchia  Imu  più la  Tari.  Entrambe queste due tasse sono annoverate nella nuova  TASI,  e nella parte che interessa l’Imu  dice – “. La Tasi interesserà non solo i possessori di un’unità immobiliare, ma anche coloro che utilizzano l’immobile, a partire dagli inquilini.”  Anche questo  non mi è molto chiaro, anzi proprio non lo  è per nulla.   Come si dovrebbero  comportare quei  cittadini  ( 24  famiglie  ) – occupanti abusivi di immobile comunale – che  per la condizione di abusivi  si  son  visti  interrompere, dietro segnalazione dell’amministrazione comunale, da parte di Abbanoa  – “ente gestore servizio unico integrato” – la fornitura dell’acqua ( giugno 2013 ) ?   Premessa,  questi  cittadini, nel  frattempo hanno regolarmente pagato  le fatture Enel, le fatture  ex  Tarsu e ex Tares, hanno più volte chiesto  di  esser regolarizzati   con un contratto di locazione a cannone  moderato ottenendo un  regolare  – “Niet” .  La situazione ha  davvero del  paradossale, abusivo per chiedere l’ allaccio idrico ma  regolari  per pagare la TASI – “tassa per i servizi indivisibili”. Mi  sento come un pesce  fuori dall’acqua.  Per dirla in maniera gentile.

 

Svuota carceri. Liberalizzazione a delinquere.


Di Antonella Soddu

Appurato  che le carceri italiane sono sovraffollate, che per tale motivo, anche l’ UE, per l’ennesima volta sanziona l’Italia che ad oggi non ha trovato  giusta soluzione al problema, salvo, poi,      fare leggi  e decreti  per svuotare le carceri che a conti  fatti non conducono  a nulla di buono. Ma in  Italia ci sono anche le carceri fantasma. Una questione che si cerca  di evadere . Ne avevamo già parlato  su  Alganews in questo pezzo –  http://luciogiordano.wordpress.com/2013/10/16/carceri-fantasma-un-annoso-problema-italiano/. Detto ciò,   l’unico  effetto  che questi  eterni vuota carcere producono  sono   delinquenti che escono    fuori  e tornano imperterriti a delinquere.  Inutile girarci intorno e   accusare  chi  si  esprime in questi termini con la solita frase fatta – “non si fa di  tutta un erba un fascio”. L’esempio  più palese  a conferma di quanto sopra  sta nella lettura  di due fatti di cronaca  che hanno visto  protagonisti  personaggi  non certamente incensurati. La  rapina  al supermercato  dove, 4  rapinatori  sono stati   fermati  dall’intervento di un carabiniere fuori servizio che ha risposto al fuoco  e  ucciso uno. Il rapinatore morto doveva  trovarsi agli arresti  domiciliari. Infatti,  dopo  aver compiuto una rapina  nel trevigiano e ferito il  gioielliere. Era il  il 2012, a seguito della rapina era stato  condannato a  8 anni  di carcere e dal dicembre scorso era agli arresti domiciliari presso una comunità.  Il secondo  bandito  ferito, invece,  era in regime di semilibertà dopo una condanna a sette anni per rapina. Poteva uscire dal carcere dalle 7 alle 21 per  andare a lavorare in un impresa  edile ( di solito   gli operai rientrano a casa da lavoro  intorno  alle 18, ma, comunque, tralasciamo i particolari ). Gli altri  due si son dati alla fuga. Nello stesso  giorno, nel cagliaritano  una copia, lui  tunisino, lei sarda,  tentano di  rubare rame dal capannone di  un’azienda  agricola. Entrambi sorpresi in fragranza di  reato,  dai carabinieri della compagnia di Sanluri. La coppia  è ben nota ai carabinieri  del posto e ai  giudici del tribunale di Cagliari.  I due,     non meno  di  15  giorni fa,   erano stati tratti in arresto sempre per lo stesso reato.   E negli  ultimi sei mesi  si sono  resti  più volte responsabile dello stesso  reato.  Sorge  spontanea la domanda,  non è la prima volta che  i due  attuano azioni criminali come questa, per quale motivo non viene prontamente rispedito da dove è venuto? O meglio, per quale motivo,  considerato che sono  recidivi, non si fa scontare loro la pena in carcere.  Negli ultimi sei mesi hanno  procurato danni ingenti ad aziende, attività commerciali e famiglie che certo non possono definirsi benestanti. Ieri l’ennesimo furto, prontamente denunciato da cittadini con il senso civico che hanno notato strani movimenti e chiesto l’intervento delle forze dell’ordine.  Anche in questo caso  è  bene sottolineare  un altro aspetto, i due sono seguiti dai servizi sociali in un percorso di reinserimento, sono beneficiari di assegno di invalidità per problemi vari, ci sono tante famiglie che vivono alla giornata sperando di procurarsi onestamente il poco per mangiare e sono letteralmente abbandonate a se stesse. Loro sono in due, senza figli, entrambi con una pensione minima, se non è per cattiveria e per azione criminale, che bisogno hanno di rubare e arrecare danno anche ad altri ? E soprattutto   che senso  ha l’intervento dei carabinieri    che li traggono  in arresto   e trascorse poche ore se li ritrovano in giro per le strade del paese?  L’erba  non è tutta un fascio, sicuramente è sotto  gli occhi di tutti  lo sfascio di una giustizia   che dovrebbe esser efficace, ammesso e concesso  che  se si sbaglia si deve avere ancora una possibilità per cambiare e migliorare ma, da quel che è sotto gli occhi di tutti, questi continuano a sbagliare avvallati dalla legge che consente loro di  delinquere ad oltranza. Allora, non accusateci di razzismo, populismo, demagogia e quant’altro ancora.   Di  delinquenza si tratta, ammessa e concessa.

 

Seicento anni dalla nascita del Marchesato di Villasor


Di Antonella Soddu

Quest’anno il mio  paese, Villasor, in provincia di Cagliari, festeggia il 600  anno   della nascita  del Marchesato di Villasor. Quale occasione migliore, dunque, per ripercorre un po di quella storia che appartiene ai settemila abitanti del paese e, in quanto a patrimonio  culturale e  turistico, anche alla Sardegna, fare un breve cenno  della storia  di questi  Marchesi  Alagon  che  per secoli hanno  caratterizzato  la  vita politico/economica della pianura del campidano e al paese.  Di seguito, dunque,  alcune notizie  sugli Alagon, partendo  dalla storia dei  quattro corpi  mummificati  custoditi presso il museo della chiesa di Bonaria a Cagliari, più precisamente nella seconda ala del museo. Qui,  sono custoditi e si possono osservare, protetti dentro una teca di vetro, i corpi mummificati della nobile famiglia Alagon, Marchesi di Villasor. Essi morirono di peste nel 1605 e furono sepolti ai piedi del santuario di Bonaria, di cui probabilmente erano dei benefattori. Vennero sepolti nella roccia calcarea del colle, e il carbonato di calcio prodotto all’interno della sepoltura ne permise la mummificazione spontanea. Nessuno dalla Spagna è più venuto a reclamare le salme ed esse sono rimaste un ricordo della peste del 1605.Le due salme in alto sono quelle di una donna e di un bambino, mentre quella sola in basso è di un uomo.  Ma gli Alagon chi sono? Questi che seguono sono alcuni cenni storici, vediamoli insieme. Gli Alagon anche detti d’Alagona o Alagon, furono una famiglia molto potente del XIV secolo. Famiglia di origine aragonese, il cognome infatti, deriverebbe da Alagon, una terra d’ Aragona. Il capostipite della famiglia sarebbe stato Artal, signore del castello di Alvona nel 1133. Salvatore fù il capostipite del ramo di Villasor. Coinvolto col fratello Leonardo nelle lotte contro Giovanni II re d’Aragona fu arrestato, come ribelle, nel 1478 per poi essere dichiarato innocente nel 1493. Dal matrimonio di Salvatore Alagon e Isabella Besora nacquero 6 figli, tra cui Giacomo (o Jaime ) Alagon cui sua madre, oramai vedova, fecce ampia donazione dei suoi beni. Il 30 settembre 1537, per gratificare i servizi offerti al re da suo figlio Biagio, gli fu concesso il titolo di conte, erigendo così il feudo di Villasor a contea. Nel 1544 fu’ incaricato con successo dal re, di proteggere le coste della Sardegna dalle continue scorrazzerei degli ottomani capitanati dal famoso Barbarossa. A Biagio Alagon succedette nei feudi, Giacomo 3° conte di Villasor, per i servizi offerti al re Filippo II, ricevete l’investimento di cavaliere dell’ordine di Santiago nel 1567. Con Diploma del 19 novembre 1594, Filippo II elevò la contea di Villasor a marchesato, ma Giacomo Alagon morì prima che gli fosse notificato il privilegio. Martino Alagon morì giovanissimo all’età di 28 circa, (la data e l’età non sono certe) lasciando come erede dei feudi il suo giovanissimo figlio Ilario (o Ilariano ) nato a Cagliari nel 1601. Anche quest’ ultimo ricevete l’investimento del feudo di Cabu Abbas. Nel 1634 o nel 1641, anche qui le date sono incerte, successe a Ilario il figlio, Biagio Alagon, 4° marchese di Villasor. Questi si distinse nella carriera militare, nel 1640 in occasione della rivolta catalana, armò a proprie spese una compagnia di fanti composta di tremila uomini e, unitala alle compagnie regie contribuì a sedare la rivolta. Tanta generosità e coraggio gli aprirono la strada agli onori e ai gradi militari maggiori. Biagio Alagon fondò nel suo marchesato i villaggi di Villa Hermosa (oggi Vallermosa) e di Villarios.L’ importanza e il prestigio raggiunti da Biagio Alagon e dalla sua Famiglia sono provati dal fatto che nel 1645, gli stamenti del regno di Sardegna chiesero al re di Spagna Filippo IV, la concessione della grandezza del titolo di Duca per il marchese di Villasor. Anche Biagio Alagon morì prima che fossero presi provvedimenti. Gli stamenti rinnovarono la richiesta nel 1655 a favore di Araldo, ma gli Alagon non riuscirono ad ottenere l’ambito titolo. Araldo, ultimo maschio della famiglia Alagon, al pari dei suoi predecessori ottenne dal re, onori e privilegi ma, al contrario degli altri membri della sua famiglia egli non fu’ fedele alla corona, parteggiò per l’arciduca Carlo d’Austria contro il re Filippo V e, congiurò per dare la Sardegna in mano agli austriaci. Nel 1708 la Sardegna fu occupata dagli austriaci e vicerè fu nominato Fernando Menes de Sylva a cui, andò in sposa Emanuela Alagon figlia d’Araldo.   Per iniziative del Padre Pasquale Pasquariello sono state riportate alla luce quattro delle otto mummie che erano state murate nei locali della vecchia sagrestia del Santuario di Bonaria, ai piedi della Torre di Don Alfonso.  Si tratta dei resti, – ritrovati in stato di mummificazione che sembra dovuta ad un procedimento naturale e causata dalla natura calcarea del terreno in cui sono state sepolti – di un’intera famiglia spagnola, vissuta in Sardegna tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo. Era la famiglia degli Alagon, marchesi di Villasor, i quali acquisirono il diritto, in seguito al versamento di 1800 lire sarde, di seppellire i loro morti nel presbiterio di Bonaria.

Fondatrice della tomba gentilizia fu Donna Isabella di Requiseng, vedova di Don Martino D’Alagon, sepolto in Spagna e poi traslato a Cagliari cosi  da poter  r riposare insieme ai suoi cari. In seguito ai religiosi occorse rifare il presbiterio del Santuario, e così le salme degli Alagon vennero trasferite nei locali appunto della vecchia sagrestia.

 

VILLASOR, PAESE RICCO DI STORIA E MONUMENTI


di Antonella Soddu

Della storia di Villasor, se si escludono pochi e sporadici episodi in cui, studiosi e conoscitori (locali e non) di tanto in tanto pubblicano qualcosa, poco o nulla sanno in più. Vediamo insieme quali sono i “nostri cinque tesori”:

 

  • Il Castello Siviller – anche detto “casa forte degli Alagon” (foto 1)
  • Chiesa di San Biagio (foto 2)
  • Chiesa di Sant’Antioco (foto 4)
  • Chiesa di Santa Vitalia (foto 3)
  • Complesso nuragico “Su Sonadori” (foto 5).

 

Queste immagini noi le osserviamo dal vivo tutti i giorni, e molti di noi sono orgogliosi di avere tutti i giorni sotto gli occhi questi monumenti che, potessero, parlerebbero a tutti noi della loro storia, delle loro origini, e probabilmente (anzi sicuramente) noi li apprezzeremo ancora di più. Ma di questi cinque monumenti, qual è il più rappresentativo, il più conosciuto, il più amato, quello che vorremo fosse più valorizzato? Sicuramente ognuno di questi, ha la sua importanza storica e culturale ma, il più importante certamente è il castello! Il castello Siviller fu’ costruito nel 1415 per volontà di Giovanni Sivilleris (doganiere del castello di Cagliari e procuratore reale, nominato feudatario del paese il 27 ottobre 1414) su autorizzazione dell’allora arcivescovo di Cagliari PIETRO III Spinola, sulle rovine dell’antica chiesa parrocchiale di Santa Maria, al fine di proteggere la zona dalle incursioni dei ribelli arborensi, superstiti della guerra tra gli arborea e gli Aragona durata oltre cinquanta anni. Esso, è il simbolo della rinascita del paese perché prima della costruzione, Villasor era uno dei tanti paesi della decadente curatoria di Gippi. Il suo aspetto risente ancora delle forme dei castelli medievali ma le sue dimensioni e le sue caratteristiche costruttive, modificate nei secoli, gli conferiscono le sembianze di una residenza emergente nel contesto del centro abitato. Sopra il portone principale è scolpito uno stemma di forma circolare sormontato dalla corona marchionale. Questo raffigura, nella metà sinistra, sei palle simbolo della famiglia Da Silva sovrapposti all’albero sradicato simbolo del Giudicato Arborense, e, nella metà destra, i pali, stemma del regno d’Aragona, e una torre alata rappresentante, la nobile famiglia Alagon, marchesi di Villasor. Con la presenza degli Alagon, Villasor assume il ruolo di marchesato, l’ultima presenza degli Alagon a Villasor fu quella d’Emanuela Alagon 6° Marchesa di Villasor andata in sposa a Giuseppe Da Silva Fernandez de Cordoba, conte di Cifuentes. Nel 1573 Carlo V creò a Villasor un’omonima contea di cui nominò primo conte, Biagio Alagon (esattamente il 30 settembre 1573), ma, fu nel 1594 che Villasor da contea divenne Marchesato, fu’ in questo caso, il re Filippo II di Spagna a elevare al rango Villasor e, il primo marchese fu’ Giacomo Alagon. L’ultimo Alagon maschio marchese di Villasor fu Araldo padre d’Emanuela. La storia di questo Castello è ricchissima, come ricca è la storia dei personaggi che vi hanno vissuto, soprattutto la storia degli ultimi abitanti mi ha incuriosita e spinto a eseguire ricerche più approfondite su questa nobile famiglia. Mi sono così imbattuta su queste immagini, che mi hanno fatto riflettere e pensare: quanti di noi sanno che presso il museo di Bonaria a Cagliari, più precisamente nella seconda ala del museo, sono custoditi e si possono osservar, protetti dentro una teca di vetro, i corpi mummificati d’alcuni membri della nobile famiglia Alagon, marchesi di Villasor? Essi morirono di peste nel 1605 e furono sepolti ai piedi del santuario di Bonaria (di cui con ogni probabilità erano dei benefattori). Vennero sepolti nella roccia calcarea del colle, e il carbonato di calcio prodotto all’interno della sepoltura ne permise la mummificazione spontanea: Nessuno dalla Spagna è più venuto a reclamarne le salme ed esse, rimangono solo un ricordo della peste del 1605.

 

Villasor. Castello Siviller. Chi era Siviller ?


Di Antonella Soddu

Nell’ articolo Villasor, paese ricco di storia e monumenti, ho voluto presentare un po’ di storia del mio paese, ho parlato dei nostri monumenti, mi sono soffermata sul castello, ed ho accennato ai Marchesi Alagon di Villasor, ma è giusto soprattutto   raccontare  di chi ha fatto in modo che Villasor diventasse un feudo e per questo chiese ed ottenne di poter costruire il castello. Parliamo di Giovanni Siviller.

Chi era Giovanni Siviller?

La famiglia catalana dei Siviller in quegli anni, era tenuta in buona considerazione dai sovrani d’Aragona e, ai suoi membri furono assegnati importanti incarichi e feudi. A questo proposito c’è data conferma di questo, anche dai documenti conservati a Barcellona nell’archivio della Corona d’Aragona, si tratta dei “registri e carte reali di Ferdinando I d’Aragona”. In essi vi si trovano importanti riferimenti e notizie riguardanti la Sardegna durante, appunto, il suo regno. Vediamo quindi di fare un salto nel passato e cercare l’origine dei Siviller. Nel registro che ho poc’anzi citato appare il nome di tal Ramon Siviller, viene anche riportato che lo stesso ricopriva importante carica di tesoriere e consigliere dell’Infante Alfonso d’Aragona. Ha il compito di riscuotere le somme da versare da parte del re, al visconte di Barbona a seguito degli accordi presi dopo i fatti bellici con l’Arborea. Nello stesso registro è citata anche la nomina, il 1 giugno 1413, di Guglielmo Zatria a procuratore reale della Sardegna e con la carica di Luogotenente Regio troviamo Giovanni Siviller nobile catalano. In quegli anni, Siviller, si trova a Cagliari per eseguire importanti compiti governativi che esegue perfettamente con dovizia e lealtà verso la corona e non tarderà ad essere ricompensato con l’infeudazione di Villasor. Il 27 Gennaio 1415, alla morte di Zatria, quando ha già ricevuto il feudo di Sorres, Giovanni Siviller assume in pieno la responsabilità della Procura Reale. Comunica l’assunzione della carica al re così come fa anche l’allora Arcivescovo di Cagliari Pietro Giovanni Spinola. Il 19 marzo 1415 a lui tocca ricevere il vicerè di Sicilia Giovanni d’Aragona giunto a Cagliari con una flotta di 11 navi, del fatto ne dà comunicazione al re adducendo anche al fatto che il Vicerè ascoltò messa in Cattedrale. Sono molti i pregi che questo nobile ha, ma a noi interessa oggi sapere e capire della nascita del feudo di Villasor. Intanto è bene sapere che copia in manoscritto dell’atto d’infeudazione, si trova presso l’Archivio di Stato di Cagliari, nel falcone “storia dei feudi”, il manoscritto riporta testualmente  – “ 27 ottobre 1414

“in FEUDUM iuxta morem Italiane l’INCONTRADA di PARTE IPPIS a

GIOVANNI SIVILLER, attesi i gravi e accetti servizi resi in Sardegna in diversi conflitti d’armi e altri che non cessa di andare prestando”

Il territorio dato in feudo al Siviller è di circa Kmq. 415 – 420 compreso tra la campagna di Villaspeciosa, Decimomannu, San Sperate, Samassi e Siliqua. Non è molto vasto ma d’evidente fertilità agricola tanto da poterne ricavare ingenti frutti. Siviller sceglie quindi Sorres per farne il centro del suo feudo, lo sceglie anche perchè la ritiene in una posizione ideale per le comunicazioni viarie. Un solo neo trova, però nella sua scelta. Trova Sorres completamente distrutta, sia per i fatti bellici tra Aragona e Arborea e sia per le continue incursioni barbariche. La carta sovrana dell’atto d’infeudazione è chiara, infatti, pone l’obbligo al Nobile Siviller di “domicilium tenere et habitationem continuam nel feudo”, in sostanza ha l’obbligo di soggiornare e avere abitazione nel suo feudo, dovrà pertanto dare il massimo e far risorgere la distrutta Sorres e costruire in essa un’abitazione “per sua dimora”. Siviller si attiene in pieno agli impegni assunti, ed ecco come nacque il Castello o casa – fortezza. Il Castello esistente ancora oggi, può essere considerato uno dei pochi “monumenti” laici dell’architettura gotico – catalana della Sardegna meridionale. Imponente palazzotto patrizio fortificato da contrafforti e da quattro torrette merlate, fa bella mostra di sé tra Via Castello e via Baronale quasi al centro del paese.  L’origine gotico – catalana della sua struttura è documentata dalle finestre aperte sulla facciata. La sobria bellezza del suo interno è evidenziata dalle impalcature di legno che poggiano su ripiani di pietra e di legno intarsiato. A Villasor, si narra anche che esista una galleria che congiunge il castello con la parrocchia di San Biagio e si raccontano salvataggi d’intere famiglie, attraverso l’utilizzo della galleria, in tempi non datati. Gli anziani del paese assicurano che sia vero, allo stato attuale non si hanno documentazioni accertanti la veridicità dell’esistenza della galleria. Riprendendo il discorso sulla costruzione del castello, il Siviller, individuò il sito per la sua costruzione in un’area che a quei tempi apparteneva alla Chiesa Cagliaritana, si narra nei pressi della chiesa Parrocchiale di Santa Maria ( Ipotesi non sempre confermata secondo i vari studiosi di storia locale e non ), pertanto era anche necessaria l’autorizzazione da parte, appunto della Chiesa, che la possedeva. Nel mese di marzo del 1415 invia una lettera all’allora Arcivescovo di Cagliari, Pietro Spinola, chiedendo l’autorizzazione, e precisando anche la sua intenzione alla protezione di Sorres, favorendone la sua ricostruzione e ripopolazione. Di questi avvenimenti sì da atto anche nella preziosa pergamena datata 14 maggio 1415, conservata nell’Archivio Arcivescovile di Cagliari, copia integrale la troviamo poi nel I Libro Diversorum A, fol. 232 nello stesso archivio, dove troviamo che l’Arcivescovo di Cagliari da facoltà al Siviller di erigere “aliquas domos et alia AEDIFICIA MUNITA”. Con l’ottenuta concessione, il Siviller da inizio con impegno e dovizia alla sua opera di ricostruzione e per farlo utilizza maestranze sia spagnole sia sarde, e il castello è concepito con disegno abitativo residenziale – difensivo allo stesso tempo. Il Siviller esorta e invita i dispersi abitanti e quanti desiderano porre sede nella villa di sorris, assicurando loro che essa sarà difesa, li esorta a condividere con lui la ricostruzione di Sorres. Di fatto, gli abitanti trovandosi nell’impossibilità di difendersi o di trovare altre forme di difesa convergono a Sorres.  Il risultato che di lì a poco si ha è a dir poco sorprendente, infatti, non passa lungo tempo che la ricostruita Sorres diverrà ricercato centro del Feudo. C’è anche un altro particolare da segnalare: i feudatari nobili spagnoli, non usavano risiedere in Sardegna, ma, affidavano i loro feudi ad un procuratore detto anche “podatario” che lì reggeva per conto loro…questo particolare, però, non si può dire per Giovanni Siviller che reggeva il fuedo di Sorres personalmente. I motivi possono essere visti in ottiche diverse, certamente il primo è dovuto al dato di fatto che la carta della sua infeudazione pone una clausola: “Domicilium tenere et habitationem continuam” una sorta d’obbligo di residenza e domicilio, ma è attribuibile anche al fatto che lui teneva ad essere presente e partecipante attivamente al progetto di rimettere in sesto Sorres. Nel 1421 a Cagliari si svolge nuovamente il parlamento e vi presiede lo stesso re Alfonso, succeduto nel frattempo al padre Ferdinando; al parlamento sono presenti i rappresentanti dei tre stamenti: quello Ecclesiastico (Arcivescovi, Vescovi, Abati), il Feudale (signori Feudatari) il Reale (rappresentanti di ville reali). Non manca il Siviller, che viene espressamente convocato con lettera personale del re. In quest’occasione ottiene la carta che gli conferma il Feudo e unitamente la potestà di testare e trasmettere ai Figli “masculis et feminis ex vestra linea descententium” o anche ai fratelli o consanguinei “usque in infinitum” lo stesso feudo.  Non avendo avuto figli maschi quindi discendenti maschi, decide, il 12 marzo 1423, di investire erede universale del suo feudo la sua unica figlia Aldonsa Siviller.  Ne chiede consenso al re che, con diploma del 20 dicembre, approva la sua richiesta acconsentendo alla remissione ereditaria del feudo con le ville in esso esistenti. Giovanni Siviller muore il 10 marzo del 1433, sua figlia entra quindi in pieno possesso del feudo ed ha così buona dote per sue possibili nozze. Cosi parla del Siviller, il cappuccino Padre Francesco Zedda, nella sua “conferenza storico religiosa” tenutasi a Villasor il 7 Aprile 1907 –  “Il nobile pensiero fu messo in esecuzione, e il castello sorse in pochi anni, per attestare la grandezza e la magnanimità del Siviller e la tranquillità del paese. Il castello fu costruito con tutte le comodità e prerogative che doveva presentare per la difesa e non solo, anche per l’offesa; Ed esso che ha resistito all’urto di tanti secoli ci attesta oziando che le orde sanguinarie dei vandali e dei saraceni non furono minimamente capaci di abbatterlo! Da quell’epoca Villasor godette una pace imperturbata, ed il fiore della tranquillità cittadina spuntò di nuovo in queste terre. Permettetemi, di grazia, un dimanda,  avete mai studiato lo stemma del Castello? Ebbene, osservatelo con me questa sera, nel nostro municipio, dove esso è dipinto vagamente sulla volta di questa ricca e splendida aula consigliare. In questo stemma io vi ravviso il genio illuminato e l’anima grande del Siviller, di questo vostro insigne concittadino. Una torre a destra, sormontata da un’aquila e da un altro uccello; a sinistra una pianta, probabilmente palma – con sopra delle monete disposte di fila. Ebbene, o Signori, sentite; per me la torre indica la forza che il Siviller doveva portare col suo castello, e gli uccelli il segno del volo, del volo sublime che doveva spiccare la vostra Patria nella civiltà e nel progresso. La palma è il segno del trionfo della pace, e le monete, il simbolo dell’abbondanza e della ricchezza. Uno stemma piu’bello di questo, l’immortale Siviller non avrebbe potuto trovarlo; e la storia ci prova che i segni di fortezza, di pace, e di ricchezza sì nell’opera. Onore a quest’uomo insigne che tanto bene operò a vantaggio di Villasor, la cui memoria i biografi del suo tempo esaltano con pagine di gloria! Egli visse ancora molti anni in questa sua patria che tanto amò, finché la morte lo avvolse nel suo funebre manto.”  Io credo che noi tutti dovremmo conoscere meglio il nostro paese, e non serve molto per iniziare a farlo, basta ricercare ciò che la storia ci ha lascia

Craxi disse tutto quel che nessuno vuole dire e vedere oggi.


di Antonella Soddu

Riguardo le dichiarazioni di Orsoni, oramai ex sindaco di Venezia – “l’ho fatto su richiesta di dirigenti regionali del partito”, non sono molto diverse da quelle di Giancarlo Galan, anche lui asserisce qualcosa di simile. Ho la netta impressione, potrei anche sbagliarmi, che presto o tardi entrambi saranno messi a tacere. Nel senso, nessun dei due farà mai qui nomi più in alto. A me tornano in mente le dichiarazioni di Craxi nel corso del processo – “In Italia il sistema del finanziamento ai partiti e alle attività politiche in generale, contiene delle irregolarità e delle illegalità, io credo a partire dall’inizio della storia repubblicana. questo è un capitolo che possiamo anche definire oscuro, della storia della democrazia repubblicana, ma da decenni il sistema politico aveva una parte, non tutto, una parte del suo finanziamento che era di natura irregolare o illegale. E non lo vedeva, solo chi non lo voleva vedere, e non ne era consapevole solo chi girava la testa dall’altra parte.” – https://www.youtube.com/watch?v=SbsFCBTr2dY  –  “ma l’opposizione che opposizione faceva?” – E Craxi continua – ” riferiamoci al maggiore partito di opposizione, cioè al partito comunista, non è mai stato un partito povero, è sempre stato un partito ricco di risorse, aveva costruito in Italia la macchina burocratica più potente e più organizzata dell’intero mondo occidentale.” – Insomma, detto ciò, credo, nessuno me ne voglia, che dopo aver “eliminato” Craxi tutti si son dati abbondantemente da fare. Craxi non nascose e fecce nomi e cognomi, forse un pò di dignità l’ha abbondantemente dimostrata. Ma il termine dignità, è una parola troppo grande per questi politicchini odierni, per un posto venderebbero anche la stessa. Occorre la certezza della pena. Punto. Nel merito, tornando alla questione abolizione dei finanziamenti pubblici ai partiti, e ricordando per sottolineare le parole di Craxi – ” Ci sono gruppi industriali in Italia che son più potenti dei partiti, ma si può immaginare per esempio, che un gruppo come la fiat non abbia mai dato contributi elettorali a partiti, a parlamentari o a candidati ?” – Ecco, questo sarà quello che continuerà ad accadere anche in forme peggiori. Ne avevamo già parlato in questo pezzo alcuni mesi fa –http://luciogiordano.wordpress.com/2013/12/13/aboliti-i-finanziamenti-pubblici-ai-partiti-ma-non-e-un-bene/  – In Italia la corruzione è incontrollata, parte dal basso e si divulga nei piani alti. Craxi almento in questo disse la verità, una verità che nessuno voleva vedere allora e che nessuno vuole vedere oggi facendo anche finta di scandalizzarsi.  Non vi  è nulla  di più  triste e sconsolante di un paese che vuole consegnare  la politica  e il far politica  nelle mani e al potere di chi può pagare.  E saranno tutti  responsabili  di questo  sfascio, pentastellati e  fautori del – “No  ai rimborsi” .  Quello che sta accadendo oggi,   che si ripercuoterà sul domani  dell’ Italia, è solo quello che si  è stati  in grado di produrre in questi ultimi  anni e che ha visto una  brusca accelerata   da parte  degli irresponsabili populisti  –   che tra le altre cose si son pure trovati un mestiere grazie al populismo di facciata. Il tanto acclamato  – “aboliamo il finanziamento pubblico ai partiti”  – a cosa porterà?  Ad una politica  sempre più corrotta  e sempre più in mano   di chi può permettersi di pagare per farla e per avere.  Chi  insiste  su questa linea, crede davvero che  chi   finanzia una campagna elettorale alla fine non chieda nulla in cambio? Ora  siamo   tutti  concentrati sulla questione Mose, Orsoni,  Galan  e chi più ne ha più ne metta , ma, nessuno sembra  vedere in quanto sta  accadendo, dato dalla legittimazione di finanziamenti privati, alla quale si vuole   arrivare in piena libertà,  la negazione  della libertà dell’azione politica corretta. Si sta  solo sponsorizzando  l’illegalità.  E  quei partiti e/o esponenti di partiti che hanno fatto loro  la richiesta populista lo hanno fatto  solo per avere i consensi che man mano nel corso degli anni  hanno perduto  non per aver ricevuto i  finanziamenti pubblici ma solo per pura inerzia  e sciatteria. A volte per incapacità totale.  Craxi dal suo canto ha lasciato un messaggio che allora e a seguire nessuno ha voluto ascoltare e leggere, si  è preferito lanciargli contro le monetine quella sera.

 

Alcune cose sugli appalti, dopo la vicenda Expò e Mose.


Di Antonella Soddu

Su la vicenda “tangenti” Expò e Mose, vorrei esporre una considerazione/realtà. Premessa. Per sedici anni ho lavorato come socio fondatore di una cooperativa di servizi per enti pubblici e privati. Conosco l’A – B – C degli appalti pubblici e anche se non lavoro più dal 2009, mi sono sempre tenuta aggiornata per quanto concerne le leggi sugli appalti. Però, quando io dico – “conosco l’A-B-C degli appalti pubblici” – non intendo solo dire che conosco come funziona legalmente partecipare agli appalti pubblici. Ahimè, in passato ho potuto costatare anche come funziona non legalmente e posso dire ad ampia voce che la prima corruzione nasce dal basso, nei piccoli comuni, nelle province, nelle regioni fino ad arrivare ai piani alti dei palazzi. Piccoli – nel vero senso della parola – sindaci, assessori, consiglieri e dirigenti che spesso ci ritroviamo ad amministrare tutti giorni i nostri paesi, le nostre città. Uno degli esempi più palesi, cui mi son spesso trovata ad assistere, mi occupavo della visione dei bandi e dei capitolati di gara, dei sopralluoghi e della redazione con tutti i crismi delle offerte di gara, è stato spesso il giochino “dell’accordo” tra imprese. Una sorta di cartello di partecipazione alle gare. Esempio: 1) cooperativa A offre 34%. A ) cooperativa B offre 34, 50% 3) cooperativa C offre il 38%. Fin qui nulla di strano in apparenza se non fosse che ad aggiudicarsi la gara arriva il consorzio imprese che ha fatto l’accordo con le tre cooperative per aggiudicarsi la gara con un ribasso del 42%. A discapito delle cooperative D – E – F che calcoli alla mano e redazione dell’offerta con progetto sono arrivate a offerte ( congrue per il prezzo e le richieste ) sotto il 30%.  Il risultato è che vince l’offerta, il consorzio d’impresa il quale poi dopo alcuni mesi dall’aggiudicazione farà entrare nel pacchetto dei lavori – subappalti – le altre tre imprese. Poi dopo il primo anno chiederà l’adeguamento dei prezzi che otterrà dal funzionario più vicino al consorzio. Vi ho portato solo un piccolo esempio, accade spesso nelle gare d’appalto per il servizio di pulizie negli enti pubblici. Molto spesso ci ritroviamo, causa questi ribassi anomali – legali – donne che lavorarono due ore al giorno sulla carta, per lavori che necessitano almeno di 4 ore, e percepiscono stipendi da 300 euro il mese. Ci ritroviamo appalti di servizi di pulizie in questure, tribunali, ospedali, scuole, sedi regionali etc., in cui le stesse ditte che si sono aggiudicate gli appalti cadono nella disgrazia dei ritardi pagamenti delle pubbliche amministrazioni. Quindi accade che è revocata l’assegnazione e affidata temporaneamente – previa finta valutazione dell’offerta più economica – con la formula dell’affidamento diretto. E provate un po’ a immaginare cosa significa e come funziona la cosiddetta formula dell’affidamento diretto all’offerta più economica. Vi lascio pensare un attimo. Conseguenza, addetti in sommossa, imprese e cooperative sull’orlo del fallimento. Soldi pubblici spesi non si sa bene perché e soprattutto per chi. Eppure una delle voci frequenti dei capitolati di gara è – “dichiarazione di capacità tecniche – economiche – finanziarie ( con allegati ultimi due bilanci ed estratto conto dell’ultimo anno ) e certificazione adempimenti fiscali, contributivi assolti, DURC compreso. tutto questo accade tutti i giorni, ancora, sotto i nostri occhi. Nessuno vede nulla. O forse, tutti vedono ma gli occhiali sono appannati. Mi fermo qui. chi ha lavorato in questo campo sa benissimo di cosa parlo. Sono procedure non incontestabili e legalizzate.  Dunque, cosa fare? Semplice. Fare applicare le leggi già esistenti che regolano gli appalti pubblici. Divieto di partecipare agli appalti per quelle imprese su cui è accertata la non regolarità delle offerte e dei documenti allegati al bando e previsti dai capitolati di gara. Maggiori e assidui controlli suoi consorzi d’imprese e cooperative. Verifica su chi si cela dietro nuove imprese, (tra i nomi degli amministratori potrebbe esserci chi ha dichiarato fallimento e ha aperto con altro nome ) che si può fare nelle dovute sedi camera di commercio, agenzia dell’entrare e cancelleria dei tribunali, ove sono depositati gli atti delle richieste delle procedure fallimentari delle imprese, verifica della regolarità degli adempimenti previdenziali.   Altra cosa da rivedere  e anche con premura sono le  cosiddette  – “forme di aggiudicazione” –   qui tutto sugli appalti – http://it.wikipedia.org/wiki/Codice_dei_contratti_pubblici – 1) Criterio del massimo  ribasso; 2) offerta economicamente più vantaggiosa, etc.  sono solo alcune delle forme  oggi utilizzate  ma spesso   comportano   grossi rischi e svantaggi  anche per chi vuole lavorare onestamente. Letto ciò, non ci stupisca l’affermazione – “la corruzione parte dal basso, dai piccoli rampanti politici e dirigenti”. Anzi, direi, sono spesso la radice della pianta ben radicata della corruzione alta, come quelle per cui in questi giorni si sta gridando allo scandalo.